Dal Fatto quotidiano del 31 marzo 2018:

C’è un avvocato catanese, Andrea Musumeci, che per una consulenza semestrale ha chiesto 3.456.000 euro, nello stesso periodo in cui per consulenze e contratti a progetto venivano spesi 851.804 euro. E c’è il ragioniere generale della Regione Siciliana, Vincenzo Emanuele, collezionista di incarichi in perenne conflitto di interessi: era, contemporaneamente, capo dell’ufficio che affidava i lavori, presidente della commissione che ne controllava la congruità tecnico-economica, doveva organizzare le direzioni lavori e vigilare sul piano di informatizzazione, cosa mai avvenuta, secondo l’esposto presentato in Procura da uno dei sindaci di Siese (Sicilia e servizi) che per questo non ha potuto esprimere un parere sui bilanci 2010 e 2011. Risultato: un “conto” di 88 milioni di euro che il socio privato, la società Engineering, ha presentato alla Regione (e il giudice ha finora respinto) sulla base di una transazione sottoscritta dal capo della Ragioneria siciliana Biagio Bossone il 9 ottobre 2012 e autorizzata il giorno prima dal governatore dimissionario Raffaele Lombardo, “pur essendo dimissionario e a soli 19 giorni dall’elezione del suo successore”, come ha denunciato Antonio Ingroia.
Due esposti alla Procura di Palermo, uno presentato da Ingroia, l’altro da uno dei sindaci della società, raccontano una gestione spericolata, che ha prodotto “truffe e arricchimenti illeciti”, in assenza totale di controlli, della società che doveva informatizzare la Sicilia connettendo in rete cittadini e uffici a cui oggi Ingroia, autore delle prime denunce, attribuisce le ritorsioni giudiziarie nei suoi confronti: “Quest’indagine contro di me è figlia di una gravissima attività di dossieraggio che coinvolge anche i servizi segreti – ha detto in un video caricato ieri su YouTube – emersa nel processo per l’intercettazione bufala contro Crocetta. Viene fuori che ero io il vero obiettivo perché avevo messo alla porta un gruppo di criminali, politici e affaristi che agivano con la sponda di giornalisti”. E infine l’affondo contro gli ex colleghi, già accusati di “non aver mai aperto un’indagine sulle mie denunce”: “A Crocetta è stato detto di non rivelare la notizia del dossieraggio, nota dal giugno scorso, neanche a me. Perché non si voleva che io ne venissi a conoscenza?”. Gli esposti fissano al 2008 l’inizio del tracollo quando, “con un clamoroso passo indietro – scrive Ingroia – Lombardo (allora governatore poi condannato in Appello per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso, ndr) riporta la società al socio di minoranza nominando amministratore delegato l’ing. Giuseppe Sajeva della società Engineering”.
In quel periodo i dipendenti costano da 470 a 1.030 euro al giorno, pur continuando a percepire stipendi normali (da 1.200 a 1.700 euro), e nel solo mese di dicembre 2009 Siese vanta crediti dalla Regione per 78 milioni di euro. È lo stesso mese in cui, scrive Ingroia, “va in liquidazione Sicilia e-Innovazione, unico soggetto preposto al controllo e alla direzione lavori, cosicché il valore reale delle prestazioni resta indeterminato, aprendo il varco ai ripetuti tentativi di avere riconosciuto senza contraddittorio le pretese economiche”. È il periodo dei progetti fantasma, come e-Procurement, che doveva servire, attraverso una piattaforma telematica, a garantire l’acquisto in Rete di beni e servizi per gli uffici regionali, ma nel sito c’era una sola gara telematica, celebrata nel dicembre 2010: “Quella per l’acquisto di duecento toner per stampanti – ha scritto il sindaco nell’esposto – salvo apprendere che è la Toscana che ‘presta’ alla Sicilia la piattaforma di e-Procurement”.
Nell’esposto il sindaco segnala un altro affidamento sospetto, “poi censurato e bloccato a una società chiamata Quei srl”, compiuto “dall’amministratore delegato del tempo Dario Colombo, in autonomia rispetto al cda che aveva generato un ingente contenzioso”, sottolineando che “spesso dietro questo tipo di affidamenti si nascondono meccanismi elusivi delle regole di evidenza che spesso sfociano in contenziosi che con la successiva transazione generano comunque un vantaggio rispetto a un affidamento di dubbia legittimità”. Contenzioso levitato fino all’arrivo di Ingroia, nel settembre del 2013, a 88 milioni di euro, rivendicato alla Regione con una richiesta di sequestro delle somme dal socio privato, e bocciato dal giudice civile che ha considerato insufficiente la transazione autorizzata da Lombardo, rilevando la totale “assenza di adeguato procedimento di verifica e assenso” della scrittura privata sottoscritta in data 9 ottobre 2012 e prodotta dalla ricorrente in giudizio “non suffragata – si legge nel provvedimento – da idonei elementi di prova”.
Oggi Siese connette in un’unica rete 603 sedi della Regione, gestisce l’intero ciclo di vita di oltre 450 mila beni mobili regionali e gestisce un’unica banca dati che raccoglie più di 5.200.000 assistiti e circa 5.400 medici di base grazie a 116 dipendenti regolarmente assunti, come ha attestato il gip archiviando nell’agosto del 2016 le accuse contro l’ex pm. E nel 2017 è costata, come ha sottolineato Ingroia nella relazione inviata il 31 gennaio scorso al governatore Nello Musumeci, 5.586.145,47 euro, cifra assai lontana dal “costo annuale che ha toccato punte estreme di svariate decine di milioni di euro, anche oltre 55 milioni, comunque con un minimo mai sotto i 25 milioni di euro annui”.

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