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Mafia capitale, ora è colpa di chi non condanna?

By 22 Luglio 2017No Comments

L’articolo di Antonio Ingroia sulla sentenza del Tribunale di Roma su Mafia Capitale pubblicato sul Fatto Quotidiano di oggi:

Un chiarimento è necessario per contestare le semplificazioni indignate che, all’indomani della sentenza che ha smentito l’impalcatura accusatoria della Procura di Roma nel processo Mafia Capitale, gridano allo scandalo. Il Tribunale di Roma non ha dichiarato che la mafia non esiste nella capitale, ma solo in Mafia Capitale. Sembra un gioco di parole, ma è la verità. La mafia a Roma esiste, eccome. Lo dicono sentenze che hanno accertato gli interessi mafiosi ad Ostia, lo dicono gli arresti e le condanne,i sequestri e le confische di ristoranti ed esercizi commerciali frutto del riciclaggio di denaro sporco. Sostenere il contrario significherebbe negare una realtà scritta da anni di indagini e sentenze, e dalla verità accertata della globalizzazione della mafia che ha ormai abbandonato da anni la localizzazione nelle aree di insediamento tradizionale.

Non esiste invece “Mafia Capitale”, così hanno stabilito i giudici che non hanno ritenuto ci fossero le prove per condannare anche per mafia. Gli imputati sono stati riconosciuti colpevoli di gravi reati, e per ciò condannati a pene severissime, ma non mafiosi. E’ venuta meno insomma la novità centrale dell’inchiesta, la qualifica mafiosa dell’organizzazione criminale. Una decisione che ha fatto piovere sui giudici critiche e accuse di mancanza di coraggio, a mio avviso ingiuste.

Occorrerà attendere le motivazioni della sentenza per comprendere meglio, ma è opportuno chiarire che seppure mafia e corruzione siano facce della stessa medaglia non sono la stessa cosa. Sicuramente la mafia si serve della corruzione, ma ciò non significa che dove c’è corruzione c’è anche mafia. Così devono aver ragionato i giudici, che si sono attenuti al rigore della cultura della prova, senza farsi condizionare da suggestioni sociologico-criminali e dalla kermesse mediatica allestita attorno al processo.

E’ indubbio che la mafia non è più coppola e lupara ma resta che il 416 bis pretende la prova di un’organizzazione dotata di una forza di intimidazione diffusa sul territorio tale da determinare un alone di assoggettamento e di omertà che ne costituisce lo strumento tipico e la differenza dagli altri sodalizi criminali. Prova che evidentemente i giudici non hanno ravvisato, scongiurando il rischio di pericolosi fraintendimenti che rischiano di vanificare l’efficacia dell’incriminazione se inflazionata. Se tutto è mafia, nulla è mafia. Cosicché, da una parte, se vedi la mafia dove non c’è, rischi di non sanzionare adeguatamente condotte di corruzione non meno gravi, e perciò i giudici hanno sanzionato più severamente i politici per i quali la Procura avevo chiesto pene più blande.

Dall’altra parte, si corre il rischio che se vedi la mafia dove non c’è, non vedi più la mafia dove invece c’è. E la mente non può non correre all’imminente archiviazione che la stessa procura di Roma sembra stia avanzando nel clamoroso caso dell’omicidio di alta mafia del medico Attilio Manca, vittima del circuito di protezione mafioso-istituzionale che ha coperto la latitanza di Bernardo Provenzano, garante in vita della trattativa Stato-mafia.

Ancor più grave è il doppiopesismo della grande informazione, pronta a difendere l’inchiesta della Procura di Roma e ad accusare di scarso coraggio i giudici che l’hanno smentita, silente e omologata sull’assurda sentenza Contrada, strumentalmente usata per incensare il condannato ed attaccare i PM di Palermo. Evidentemente per costoro ci sono PM e PM, e questa non è una novità. Ma il sospetto peggiore è che non dipenda dai diversi uffici, ma dagli imputati. Quando sono colletti bianchi “insospettabili” ci si indigna contro la Procura, mentre se rientrano nel cliché del colpevole (come Carminati e Buzzi, infatti condannati a pene severissime) si rampognano i giudici che intaccano l’impianto accusatorio e condannano più severamente i (pochi) politici imputati. Doppiopesismo sospetto.

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